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GIORNATA INTERNAZIONALE DEI PROFUGHI

20 giugno 2017

GIORNATA INTERNAZIONALE DEI PROFUGHI

Nell’ambito della Giornata l’Istituto Italiano di Cultura di Cracovia ha dato il suo patrocinio alla proiezione del documento di Marcello Merletto WALLAH JE TE JURE al Cinema Pod Baranami, alle ore 20.00.

L’ospite del Cinema sara’ uno dei protagonisti del film, Lamin Drammeh.

Contemporaneamente all’Istituto Francese di Cracovia si svolgera’ la mostra di fotografie di Mohamed Keita.

Drammeh e Keita saranno ospiti dell’Istituto Italiano durante il vernissage della mostra di Małgorzata Kistryn, il 20 giugno alle ore 18.00.

 

 

25 interviste realizzate tra Niger, Senegal ed Italia che raccontano l’esperienza del “viaggio” delle persone dall’Africa Occidentale all’Europa. Il film è stato prodotto dall’ Iom Niger per spiegare ai migranti i rischi che corrono. I giorni nel deserto, la prigionia, gli abusi e le torture in Libia, la traversata mortale nel Mediterraneo. «A volte anche la delusione una volta arrivati in Italia», dice a Vita.it il regista Marcello Merletto.

“Noi vogliamo vedere persone bianche, sposare persone bianche, avere dei bambini con persone bianche”, François, senegalese, 28 anni. Le dice convinta queste parole perché “alla televisione ho visto che i bianchi stanno bene”. È una dei venticinque protagonisti del documentario Wallah – Je te jure.

«Wallah significa te lo giuro», racconta a Vita.it il regista Marcello Merletto. «Tutti i migranti africani che abbiamo intervistato lo ripetono spessissimo. Alla fine delle frasi. Tra le parole. Wallah – te lo giuro».

Tutto è iniziato a novembre del 2015. È lì che si inizia a tracciare un percorso. A gennaio 2016 e il mese successivo, a febbraio, Merletto insieme a Elisabetta Jankovic e Giacomo Zandonini, assistenti di produzione, sono andati prima in Niger e poi in Senegal.

«L’ultima parte del documentario, invece, l’abbiamo girata in Italia: tra Pavia e Milano». Nei 63 minuti di documentario si susseguono le storie, i progetti ma anche le speranze di questi giovani – tutti tra i 15 e i 29 anni – tradite una volta arrivati in Europa, in questa Italia che poi rompe quel “sogno italiano” dove i bianchi non sono quelli felici delle televisioni.

«Il Niger è l’approdo di tutti i migranti dell’Africa Occidentale», spiega Marcello. Niamey, la capitale, è una delle ultime tappa prima dell’inferno in Libia. «Nessuno si muove singolarmente.

Tutti vengono economicamente sostenuti dalla famiglia e a volte anche dal villaggio d’origine. In Niger arrivano in pullman. Poi attraversano il deserto: stanno sui camion per quattro o cinque giorni di fila, ne partono 2500 a settimana per la Libia o l’Algeria».

Arrivano in Libia, qui si fermano. Vengono imprigionati, picchiati tutti i giorni, costretti a lavorare come schiavi. Torturati con i fili della corrente elettrica. Catturati affinché la famiglia d’origine paghi un riscatto.

Poi, forse, qualcuno viene buttato su un barcone: l’ultimo pezzo è la rotta del Mediterraneo, quella mortale. “È stato Dio che dal Niger mi ha portato qui (Libia). È stato Dio che da qui mi ha portato a Lampedusa”. Racconta un ragazzo. Loro non hanno paura di morire: “Se muoio in Niger, in Libia, in Italia che cambia? È Dio che ha la mappa già tracciata e decide dove devo morire”.

La maggior parte sono musulmani. E credono fermamente in un Dio che li aiuterà. E non pensano che, invece, sulla strada saranno troppi i non – umani che non li guarderanno. Ma “se una persone vuole partire, deve avere la possibilità di farlo. Deve partire e basta”.

«Questo», spiega Marcello, «è un fenomeno impossibile da arginare. Hanno questa fede sconfinata quindi pensano che sia Dio a scegliere per loro». Il documentario sarà presentato nei prossimi giorni in varie città italiane tra cui Napoli, Roma, Trento, Milano, Padova e poi nell’ambito del circuito Global Migration Film Festival sarà proiettato in Olanda, Russia, Stai Uniti d’America, Cipro, Somalia, Iraq, Kosovo.

Le lingue originali dei dialoghi sono il francese, l’inglese e il Wolof. I sottotitoli, invece, in italiano, francese ed inglese. Dello stesso documentario sono state realizzate due versione: una per informare i probabili futuri immigrati che partono dal Senegal, dalla Costa d’Avorio, dalla Guinea, dal Ghana… l’altra per noi. Per questi “bianchi che sembrano felici”.

«È giusto che queste persone vengano informate attraverso il racconto di chi il viaggio l’ha intrapreso prima di loro. Ed è anche bene che vedano l’altra faccia della medaglia, quella di chi si è pentito e vorrebbe tornare a casa.

Testi di Anna Spena

Dal sito: http://www.vita.it/it/story/2016/12/06/wallah-i-rischi-e-le-speranze-tradite-di-chi-fugge-dallafrica-in-europ/105/